Emanuela Rossi: l’intervista de “Il Raccoglitore”

L’intervista di Emanuela Rossi su “Il Raccoglitore”

Primo piano di Emanuela Rossi in sala registrazioneIn questi mesi l’abbiamo sentita al cinema nei panni di Emma Thompson, come Fiona Maye, in Il verdetto – the children act e come primo ministro inglese in Johnny English colpisce ancora. A novembre è stata anche la voce di Cate Blanchett ne Il mistero della casa del tempo. Ma non finisce qui. Voce narrante di Desperate Housewives (Brenda Strong), doppiatrice delle attrici più affermate dei nostri tempi, la lista delle sue interpretazioni è lunghissima, di seguito ne faccio solo un breve elenco: Michelle Pfeiffer, Uma Thurman, Angelina Jolie, Sharon Stone, Susan Sarandon, Jodie Foster, Jennifer Beals, e ancora Robin Wright, Madonna, Kim Cattrall, Isabella Rossellini, Goldie Hawn, oltre alle già citate Emma Thompson e Cate Blanchett.

E se questo non vi avesse ancora sorpresi, pensate che la sua voce è stata prestata a Jerry in Tom & Jerry, a Bizet ne Gli Aristogatti, alla giovanissima attrice protagonista Inger Nilsson nel telefilm Pippi Calzelunghe.

Emanuela Rossi è una voce che conosciamo senza dubbio. E che ci ha fatto amare tantissimi personaggi del piccolo e grande schermo. Intervistare lei è come intervistare il meglio del cinema e dell’animazione. A tutti i lettori, dunque buona lettura!

 1) Gent.ma sig.ra Rossi, con quale personaggio è cominciata la sua carriera? A che età e in quali circostanze?

Quando ho iniziato ero molto piccola, avevo nove anni. Il primo personaggio in assoluto è stato Jerry (di Tom e Jerry). La carriera è esplosa, sempre da bambina, quando ho doppiato Pippi Calzelunghe. E poi da Pippi Calzelunghe a Michelle Pfeiffer c’è tutto un excursus.

 2) Quanto studio richiede il doppiaggio? È una disciplina che esige davvero così tanto rigore o è solo una voce di corridoio la fatica dietro all’esercizio di questo mestiere?

 La voce, come tutte le professioni e tutti i mestieri fatti bene, richiede un impegno, una dedizione, uno studio, un’attitudine. Non è un lavoro che tutti possono fare: non basta solo una bella voce, bisogna anche avere una predisposizione, un talento.

 3) Qual è la caratteristica che non deve mancare in chi si approccia all’arte del doppiaggio? E qual è la cosa più difficile per chi vuol fare il doppiatore?

Sicuramente il talento artistico, perché il doppiatore, al contrario di quanto si pensa, non è uno speaker, è un attore a tutto tondo, che in questo caso si mette a disposizione e offre il proprio talento ad un altro attore, cercando di tradurre in emozioni un ruolo che è già stato fatto, interpretato. È proprio questa la difficoltà.

 4) Qual è la prima cosa che si fa quando si deve interpretare un nuovo personaggio? Si studia il copione?

Noi il copione lo riceviamo già tradotto e adattato ai movimenti labiali, per cui il copione è un lavoro che è già stato fatto. E si deve assolutamente avere questa capacità di immedesimarsi, stando in un ambiente, diciamo così, asettico; il doppiatore deve immedesimarsi in una situazione, in una storia, in un volto, in un personaggio che vive là, sullo schermo, mentre lui sta in una sala asettica, al buio, qualche volta da solo.

5) Parliamo adesso un po’ dei protagonisti ai quali ha dato voce. Quale film e quale personaggio le sono rimasti più vicini? Qual è stato il più divertente, il più commovente e il più entusiasmante? Ci racconti, siamo curiosi di storie.

Ti dico la verità, ne ho fatti così tanti (la mia carriera è lunghissima, ho iniziato che ero bambina!), che sinceramente è difficile dare solo qualche nome, non saprei dirlo. A seconda dei film, quando c’è stato da entusiasmarmi, mi sono entusiasmata, quando da divertirmi, mi sono divertita. Quando ho doppiato il film di Mel Brooks, Balle spaziali (1987), lì addirittura doppiavo due personaggi, facendo le imitazioni di Tina Pica, lì mi sono molto divertita.

Poi ci sono stati dei film molto belli, commoventi: L’età dell’innocenzaQuel che resta del giorno. Sono stati film che mi sono rimasti un po’ nel cuore.

 6) Il doppiaggio che l’ha onorata più di tutti?

 Ce ne sono tantissimi. Uno dei più recenti che ho fatto… questo film con Emma Thompson, Il verdetto. Tutti mi stanno facendo tanti complimenti. Oppure, non ultimo, il film di Woody Allen, Blue Jasmine, con Cate Blanchett.

 7) Ha mai incontrato le grandi attrici alle quali ha prestato la voce?

Ahimè, no. Peccato veramente, ma non dispero.

Tuttavia, cosa posso dirti? Quando ero più giovane, ho avuto modo di conoscere registi americani, tipo Robert Altman. Quando doppiai Tre donne, venne espressamente lui in Italia a scegliere il cast delle voci. Ho avuto modo di conoscere John Boorman, quando ho doppiato il film Excalibur. Quelli sono incontri interessanti. Per non parlare di tutti i registi italiani con i quali ho lavorato: Monicelli, Ettore Scola, Gigi Magni.

 8) Qualche curiosità, qualche aneddoto sulla voce narrante di Desperate Housewives? Le narrazioni di questo telefilm sono indimenticabili e probabilmente non c’è orecchio che non le ricordi.

Il problema di Desperate è stato veramente trovare il tono narrativo giusto, che era una cosa particolare, perché il personaggio (Mary Alice) doveva essere una donna che ormai vedeva le cose dall’alto, in modo distaccato, da un’altra dimensione, per cui doveva avere un tono accogliente, pacato, tranquillo, distaccato, però essere anche affascinante, coinvolgente, quasi materno. Era difficile trovare il tono giusto, era difficile.

9) Riguardo invece i suoi ultimissimi lavori, com’è stato interpretare Emma Thompson ne Il verdetto? Ho notato una forte differenza tra il trailer originale e quello in italiano. C’è una ragione particolare che ha indirizzato questa scelta interpretativa?

 I trailer originali, in genere, vengono montati prendendo degli spezzoni già dai film, non li ridoppiano. Quando noi montiamo i trailer in italiano, proprio perché è un trailer e perché deve dare un messaggio incisivo, allora usiamo quelli che spesso chiamiamo toni da presentazione, cioè vengono usati toni più accesi, più forti, che possono essere più incisivi.

Quando io ho doppiato i pezzi nel film che sono inseriti anche nel trailer, ho usato un tono pacato, diverso, ma perché naturalmente facevano parte di una scena, avevano una consequenzialità. Quando invece ci sono dei piccoli pezzi messi là, a comporre il trailer, allora per dargli un tatto più deciso, più sonoro, sul pubblico, allora si usano, rimanendo però sempre fedeli al film, toni più accesi. Brava che te ne sei accorta.

 10) Spesso, conversando, emerge l’idea diffusa che il cinema e le serie tv d’oltreoceano siano meglio fatte e più avvincenti rispetto alle produzioni italiane. Il doppiaggio nostrano, invece, è elogiato da chiunque, per bellezza e precisione. Cosa ne pensa?

Sono due cose diverse. Ci sono delle fiction italiane che sono state fatte molto bene, che sono molto, molto belle. È una questione di idee, perché gli italiani non sono da meno degli attori stranieri. A volte è una questione di mezzi, e spesso di idee; però ci sono delle serie italiane molto belle che sono state spostate all’estero, come quella di Paolo Sorrentino, The Young Pope. Aho, noi non semo da meno de nessuno!

 11) Lei è anche attrice, ieri era in scena a Cormons per Bukurosh mio nipote, di Gianni Clementi per la regia di Claudio Boccaccini. Si tratta del sequel de I suoceri albanesi. Quali sono i punti forti di queste due commedie? Ci dica perché non dovremmo perdercele.

Toccano tanti temi, già nella prima commedia. Intanto il rapporto genitori-figli, perché noi genitori (io e Francesco Pannofino) avevamo a che fare con questa ragazza di sedici anni che ci dava non pochi problemi. Poi naturalmente, da come si evince dal titolo, il tema dell’integrazione: la ragazza ad certo punto si innamora di un operaio albanese che viene a fare dei lavori in casa. Ci sono anche altri due personaggi che gravitano all’interno di questa casa: una mia amica, erborista, che ha il problema della solitudine, per cui le donne che magari arrivate ad un’età, intorno ai cinquant’anni, si ritrovano sole, vivono e ci consegnano il tema della solitudine; infine l’altro nostro condomino è un colonnello ormai in pensione, omosessuale.
Il tutto viene trattato con un occhio e viene guardato con un occhio ironico, leggero, divertente, critico, se vuoi, ma critico in modo bonario. Penso che siano questi gli elementi che ne determinano un po’ il successo. La gente viene a teatro, si riconosce in certe situazioni, empatizza con questi personaggi, che in fondo si fanno voler bene.

 12) Che differenza c’è tra l’interpretazione e la preparazione nel teatro e quelle nel mondo del doppiaggio? E quali sono i suoi nuovi progetti teatrali? E il prossimo doppiaggio?

Naturalmente nel doppiaggio il lavoro è già stato fatto, per cui diciamo che lì sta alla bravura, al mestiere dell’attore-doppiatore, e il risultato deve essere immediato.
Mentre in teatro si fa con le prove, si deve creare comunque un personaggio che già c’è in scrittura, sicuramente, però poi una deve adattare, da un vestito che si deve cucire addosso. Indubbiamente il doppiaggio è più solitario. Una volta si doppiava tutti insieme, adesso per problemi tecnici, si doppia uno alla volta, per cui spesso ti ritrovi a fare scene d’amore o di sentimento completamente da solo. Vedi la scena e allora tu, con la tua immaginazione, così talmente viva e allenata, pensi di essere là, e ci riesci. Il doppiaggio, certo è più estraniante, è più freddo, è tecnico e di testa. Mentre il teatro ha anche la fisicità.

Per quanto riguarda i prossimi progetti in teatro, sino a Natale devo finire questo spettacolo (Bukurosh, mio nipote), sono in tournée in tutt’Italia. Si sta lavorando ad altri progetti, ma vediamo che cosa si concretizzerà.

Per il doppiaggio, invece, per il momento sono un po’ ferma, perché girando fuori e non avendo il dono dell’ubiquità…! Però sicuramente appena arriva qualche attrice, o anche serie…

  13) Quanto tempo ci vuole, generalmente, per doppiare un film? Un mese?

No, meno, meno. Dipende, dipende dal film. Il verdetto l’ho doppiato in tre giorni, Blue Jasmine in una settimana.

  14) Scuola di doppiaggio. Ci sono notizie ufficiali riguardo l’apertura di una sua scuola?

Bisogna avere tempo, pensarci.

 15) Sono più importanti il caso, la fortuna o la determinazione?

 Tutto, ci vuole tutto, ma la fortuna viene prima di ogni cosa.

16) Gent.ma signora Rossi, la ringrazio per la sua disponibilità e per la magia che ci ha regalato e ci continua a regalare con il suo lavoro. Adesso le chiedo due saluti, per i nostri lettori. Come ci saluterebbe Emma Thompson e come invece Emanuela Rossi?

 Sicuramente Emma Thompson, essendo inglese, saluterebbe con un aplomb molto english*. Si dovrebbe chiamare Emma e chiedere a lei. Da Emanuela Rossi, vi dico: cari lettori, seguiteci sempre, il doppiaggio è una bellissima professione, umana, emotiva, che purtroppo qualcuno paventa che possa essere in estinzione. Invece è una professione molto importante, è un’occasione di lavoro, per i giovani, un’occasione splendida di lavoro per chi ha attitudini o per chi ha velleità, desideri artistici. Inoltre il doppiaggio svolge una funzione sociale importantissima: spesso si dice che la lingua italiana è la lingua parlata dai doppiatori, il doppiaggio crea anche un’identità nazionale. Senza dimenticare che per guardare un film in originale, la lingua la devi conoscere bene, per capire; e il sottotitolo che spesso viene apposto, intanto, sporca l’immagine, poi il fatto che tu stia lì a perdere tempo, a leggere, e non vedi la faccia, non partecipi, è un po’ castrante da un punto di vista di partecipazione emotiva, empatica. Quindi continuate a seguirci, ad amare questo splendido lavoro che ci rende orgogliosi in tutto il mondo, il nostro doppiaggio è riconosciuto come un’eccellenza italiana (A tal proposito ricordiamo la sua storia sul sito Eccellenze Italiane al seguente link: https://www.eccellenzeitaliane.eu/emanuela-rossi)

Fonte: www.ilraccoglitore.com/

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